Vestiti della vostra pelle. Un cantiere di messinscena a cura di Andrea Cosentino

immagine di presentazione

Vestiti della vostra pelle non è un laboratorio dove si trasmettono tecniche o metodi da applicare, ma un luogo di incontro e di scambio in cui, in funzione dei progetti presentati dai partecipanti, si sperimentano specifici percorsi per la creazione di studi e spettacoli.

I partecipanti saranno chiamati a condividere un doppio percorso di sperimentazione: da un lato, la ricerca per trovare le forme più adatte alla realizzazione del proprio progetto; dall’altro, la collaborazione con i tutor alla definizione di un processo didattico aperto, utile a formalizzare il primo progetto di residenza didattica nel quadro più generale della terza missione universitaria nel settore dello spettacolo dal vivo.

Il punto di partenza è la creazione di un contesto nel quale chi partecipa non è considerato un allievo da istruire, ma qualcuno che si allena ad affrontare il vuoto che ognuno deve attraversare per ridefinire ogni volta cos’è il teatro, per poter costruire il proprio.

I promotori di Vestiti della propria pelle sono convinti che il dovere di chi fa teatro oggi è quello di reinventare continuamente non solo il senso dello stare in scena, ma anche quello dello stare in platea. È passato il tempo in cui il ritorno all’essenza, allo “spazio vuoto”, sembrava la vera rivoluzione e la semplice urgenza di esprimersi appariva sufficiente a legittimare la creazione di una performance. In questo momento è necessario mettere in relazione il teatro con il mondo della comunicazione, in cui occupa un ruolo estremamente marginale.

L’intento è di dare vita a una sorta di factory creativa, motivo per cui saranno selezionati gruppi con un progetto artistico autonomo. Si tratta di creare una relazione pedagogica, nel senso artigianale del termine, dove il ruolo del tutor è simile a quello di un compagno di strada che affianca il lavoro dei singoli o dei gruppi che vi parteciperanno nel percorso di costruzione del loro progetto.

Il passaggio dalla fase in cui si è chiamati a rispondere agli stimoli esterni, che siano testi o esercizi, al momento in cui si diventa autori del proprio teatro è un baratro, un vuoto che va affrontato. È lì che si cade, di solito. L’ambizione è di occupare questo spazio così delicato, affiancando giovani compagnie in erba, non dandogli garanzie di successo o intrattenendone i partecipanti, ma facendo loro prendere confidenza con questo vuoto che si ripresenta a ogni nuovo progetto che si intraprende.

Il punto su cui bisogna concentrarsi quando si lavora a un nuovo spettacolo non è il come, ma il perché. La forza va trovata dentro questa domanda: perché e per chi mi metto a lavorare? È lì che si nasconde qualcosa di prezioso. Il resto ne consegue: ed è pensiero, artigianato e determinazione.

Andrea Cosentino, Guido Di Palma, Noemi Massari

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